“Ora che si entra nella fase conclusiva della procedura di vendita della ex Ilva, al Governo chiediamo la massima trasparenza: si rendano noti i termini delle tre offerte globali presentate affinché i cittadini di Taranto possano verificare se è stata data priorità assoluta alla tutela delle persone, della salute e dell’ambiente, o si sia solo scelto chi ha offerto di più. Nella trattativa esclusiva che si aprirà con gli azeri di Baku Steel per Legambiente l’aspetto decisivo è costituito dalla piena decarbonizzazione dello stabilimento siderurgico di Taranto, da avviare e realizzare con urgenza, arrivando in tempi brevi, i più brevi possibili, alla sostituzione completa di altiforni e cokerie con forni elettrici e utilizzo del preridotto e dell’idrogeno. Ci preoccupano le indiscrezioni sulla permanenza per un tempo non definito di un altoforno e delle cokerie, le più vecchie d’Europa, a suo servizio. Ci preoccupa il possibile arrivo di una nave rigassificatrice di cui non si avverte alcun bisogno, considerato che il gas necessario prima del passaggio completo all’idrogeno arriva in Puglia con Tap. Come ci preoccupano le scelte fatte con l’ultimo, ennesimo decreto sulla ex Ilva che non sono in nessun modo condivisibili ” dichiara Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto.
“Rimpinguare le casse di Acciaierie d’Italia in AS per consentirle di continuare a produrre sottraendo alle bonifiche 400 milioni di euro è una vergogna. Sicuramente non è una operazione che possa rientrare tra gli interventi di disinquinamento, né rispondere al principio “chi inquina paga”, tutt’altro. Le nuove somme stanziate, 68 milioni di euro per l’anno 2027 e 12 milioni di euro per l’anno 2028 sono una misura ridicola, assolutamente insufficiente, ed è assurdo che questi fondi siano stati reperiti sottraendoli alle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione.
I Commissari straordinari di ILVA in AS, già in passato, avevano prospettato la possibilità che i fondi in loro possesso potessero non essere sufficienti per realizzare tutti i progetti di bonifica. La Comfort Letter CE del Maggio 2016 quantificava in 206 milioni di euro la necessità finanziaria per la bonifica della sola Gravina di Leucaspide. Dove si prenderanno ora i soldi per bonificarla? Vanno garantite tutte le bonifiche necessarie.” – afferma Lunetta Franco.
“Le norme sulla valutazione preventiva dell’impatto sanitario che Legambiente ha chiesto inascoltata per anni e che sono state finalmente emanate solo per adempiere alle disposizioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, rappresentano poi una soluzione pasticciata, che penalizza il diritto alla salute, utilizza strumenti impropri, basa le valutazioni su vecchi limiti superati dalle indicazioni dell’O.M.S.
Viene infatti previsto che, per quanto concerne la valutazione della qualità dell’aria, si assuma quale parametro di riferimento i valori limite previsti dal D. Lgs. del 13 luglio 2010, n. 155. Non è assolutamente condivisibile che la valutazione epidemiologica posta a base della Valutazione di Impatto Sanitario debba essere effettuata sulla scorta di parametri ampiamente superiori sia ai limiti indicati dall’OMS già nel 2010, che a quelli, ancora più stringenti, indicati dall’OMS nel 2021 ed inseriti nella nuova direttiva approvata dal Parlamento Europeo 2024/2881. Siamo di fronte ad un gigantesco passo indietro, il ritorno ad una impostazione basata su parametri normativi ambientali vecchi e inefficaci, un approccio inaccettabile per chiunque si ponga l’obiettivo di proteggere la salute di cittadini e lavoratori. A maggior ragione se si considera che la VIS si proietta nei prossimi anni” continua Lunetta Franco.
“In ogni caso è gravissimo che il parere espresso dall’Istituto Superiore di Sanità non assuma carattere vincolante rispetto alle prescrizioni AIA ed alla massima capacità produttiva autorizzabile. Così come non è assolutamente condivisibile che non sia previsto il parere né della Regione territorialmente interessata né delle ARPA regionali, a partire da Arpa Puglia che già produce da anni valutazioni preventive di impatto sanitario, i cui risultati sono stati validati sia dall’ISS che da dall’OMS.
Soprattutto, invece che intervenire inserendo gli impianti industriali dichiarati di interesse strategico nazionale tra quelli, come le raffinerie, per cui la V.I.S. è già obbligatoria in Italia, si è preferito agire sulla norma che prevede che, per gli stessi, venga redatta un rapporto di Valutazione del Danno Sanitario (VDS) disponendo l’aggiornamento degli attuali criteri metodologici sulla scorta di non meglio definiti criteri predittivi. Il problema è che la VDS analizza i danni alla salute che gli impianti hanno provocato in passato e non già l’impatto futuro. La differenza tra i due rapporti è enorme: come ricorda l’Istituto superiore di sanità «L’approccio VIS […] si discosta, anche se ne condivide alcuni metodi, dai “Criteri metodologici utili per la redazione del rapporto di Valutazione del Danno Sanitario (VDS) […] Tali criteri infatti sono stati predisposti per valutare ex-post il danno sulla salute prodotto dalle attività industriali presenti su un territorio, mentre la VIS si propone di lavorare ex-ante, prevenendo e mitigando i potenziali effetti negativi di un’opera sul territorio». Un pasticcio che genera una VDS camuffata da VIS, i cui criteri metodologici verranno aggiornati solo ogni 7 anni, non considerando la rapidità con cui si registrano oggi rilevanti novità in ambito scientifico, che non può unilateralmente modificare le prescrizioni dell’A.I.A. in corso di validità, ed una VIS meramente transitoria, contravvenendo, a nostro avviso, alle disposizioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea” conclude la presidente di Legambiente Taranto.