Legambiente Taranto interviene nuovamente nel procedimento amministrativo relativo al progetto di dissalatore indirizzando una serie di richieste al Servizio Autorità Idraulica della Regione Puglia competente per la concessione della derivazione delle acque del fiume Tara per un massimo di 2.100 l/s di cui: 1000 l/s AQP per uso idropotabile, 600 l/s Acque del Sud per uso irriguo, 500 l/s Acque del Sud per uso industriale.
L’associazione ha in primo luogo segnalato che Acciaierie d’Italia in AS risulterebbe titolare del contratto a tempo indeterminato stipulato a giugno 1991 da ILVA con EIPLI, oggi Acque del Sud, per la fornitura di acqua dal Tara per quantità, 1500 litri al secondo, molto superiori all’attuale prelievo, e che tale contratto prevede l’obbligo per Acque del Sud di compensare con fornitura di acque del sistema Sinni in caso di restrizioni della fornitura di acque del Tara.
Da qui la richiesta, formulata da Legambiente Taranto, di subordinare il rilascio delle concessioni ad Acquedotto Pugliese ed a Acque del Sud alla acquisizione da parte di Acciaierie d’Italia in A.S. della rinuncia alla clausola di compensazione e di impegno formale a mantenere i propri prelievi dal Tara all’interno delle quantità previste dalla nuova concessione ad Acque del Sud senza alcun incremento delle forniture di acque dal Sinni.
Sarebbe infatti paradossale che per ricavare acqua dissalata dal Tara, dovendo rispettare le prescrizioni relative al mantenimento del deflusso ecologico del fiume determinate nella Conferenza di Servizi del 10.01.2025, relativa al Progetto di Realizzazione dell’impianto di dissalazione delle acque salmastre delle sorgenti del Tara, si corresse il serio rischio di dover fornire altra acqua del Sinni, che non ha bisogno di essere dissalata, all’azienda siderurgica in aggiunta a quella che già utilizza.
La valutazione favorevole alla compatibilità ambientale dell’intervento, assunta nonostante i pareri contrari della Soprintendenza PNNR e di Arpa Puglia, prescrive infatti che “sia sempre previsto il rilascio di portate idriche sufficienti al deflusso ecologico, mai inferiori a 2,0 m3/s. La portata rilasciata per il deflusso ecologico potrà assumere valore minore di 2,0 m3/s (con limite minimo di 1,0 m3/s) per un periodo di durata massima di 2 mesi all’anno. Da questa indicazione discendono le ulteriori richieste formulate da Legambiente Taranto.
La prima è quella di determinare le regole secondo cui il deficit di prelievo, nella eventuale impossibilità di derivare sempre il massimo della portata richiesta con la portata indicata in concessione – dovrà essere compensato tra Acquedotto Pugliese ed Acque del Sud. L’ipotesi di lasciare ad una successiva intesa tra i due soggetti utilizzatori la determinazione di tali regole non appare assolutamente condivisibile aprendo tra l’altro la strada a possibili contenziosi.
Inoltre, considerato che i prelievi idrici previsti sia per Acquedotto Pugliese che per Acque del Sud devono essere modulati nella misura in cui sia sempre consentito il miglioramento continuo degli obiettivi qualitativi e quantitativi del corpo idrico interessato, garantendo il possibile raggiungimento degli stati di qualità BUONO ed ELEVATO nel rispetto della Direttiva 2000/60/CE, l’associazione chiede di stabilire sin d’ora le portate di entrambe le concessioni quando, a partire dalla fine del 2027, scadrà la deroga sull’obiettivo dello stato ecologico per il fiume Tara, indicato come solo “SUFFICIENTE al 2027” con Deliberazione del Consiglio Regionale n. 154 del 23/05/2023.
“E’ inconcepibile che non si sia proceduto a svincolare il Tara dalla servitù del prelievo industriale obbligando l’azienda siderurgica a rifornirsi delle acque depurate degli impianti di Bellavista e di Gennarini” dichiara Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto “Nell’ormai lontano 1994 fu finanziata, e successivamente realizzata con lavori ultimati nel 1997, la condotta che doveva portare le acque affinate dei depuratori Gennarini e Bellavista allo stabilimento siderurgico di Taranto, per essere utilizzate nei processi di raffreddamento degli impianti.
L’ ex Ilva utilizza infatti ingenti quantità di acque prelevate dal Tara e dal Sinni. L’A.I.A. del 2011 prescriveva all’azienda siderurgica l’uso dei reflui depurati ed affinati provenienti dai depuratori Gennarini e Bellavista. Il Piano Ambientale del 2014 fissò in 24 mesi dalla stipula dei previsti accordi con la Regione Puglia i tempi di esecuzione dell’intervento. Ma il tutto è rimasto lettera morta. E’ scandaloso. Legambiente torna a chiedere che l’obbligo all’utilizzo dei reflui affinati sia previsto nella procedura di vendita in corso di definizione, ponendo la parola fine ad una storia vergognosa ed ad uno spreco di acqua e di denaro pubblico che dura da oltre un quarto di secolo”.