“PeaceLink ha pubblicato sul suo sito web l’elaborazione della serie storica dei dati del benzene degli ultimi otto anni nella centralina più vicina allo stabilimento ILVA, ossia quella di via Orsini. E’ l’elaborazione più aggiornata resa nota fino a ora e va dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2023. E’ stata calcolata la retta di interpolazione statistica. Il grafico del calcolo è visibile su https://www.peacelink.it/tarantosociale/a/49847.html
Nella pagina web viene riportata una definizione del benzene che l’Istituto Superiore della Sanità considera “tra le sostanze con sicura capacità di generare il cancro”.
«L’esposizione al benzene determina un aumentato rischio di leucemie infantili», aveva scritto la Asl di Taranto al sindaco Rinaldo Melucci nella relazione che ha spinto il primo cittadino a emettere la sua ordinanza. Nel documento la Asl portava «evidenze chiare rispetto al rischio per la popolazione» sui danni generati dal benzene «anche se al di sotto dei limiti di legge».
E’ fallita la cosiddetta “ambientalizzazione” dell’ILVA
Dall’evidenza del grafico si ha la netta conferma dell’aumento del benzene nel quartiere Tamburi di Taranto negli ultimi 8 anni.
E’ la conferma che la cosiddetta “ambientalizzazione” dell’ILVA è fallita. La parola ambientalizzazione è un termine che abbiamo sempre contestato perché non esiste sul dizionario di italiano ed è stato creato appositamente per gestire linguisticamente il conflitto ambientale dell’ILVA. Hanno cambiato i nomi perché le parole si trasformano in pensieri. Le parole cambiano la nostra percezione delle cose. E la parola “ambientalizzazione” serviva a sostituire la parola “inquinamento”.
Oggi possiamo dire che la parola ambientalizzazione ha cercato di “camuffare” l’ILVA per renderla accettabile. Ma anche la parola “ambientalizzazione” si è usurata di fronte all’evidenza dei dati statistici ed è diventata sinonimo di “fallimento”. Di fronte a questo fallimento anche i sindacati dei lavoratori ILVA ora ammettono un aumento dell’inquinamento per carenze di manutenzione. La lunga marcia dell’ambientalizzazione si è conclusa con un bluff.
Appello urgente per una Transizione Giusta
Sgomberato il campo da questo bluff dell’ambientalizzazione occorre ora ragionare sul futuro alla luce di un altro bluff: quello della ripresa economica dell’ILVA.
Anch’essa è stata un fallimento e i sindacati ne stanno prendendo atto amaramente.
Una crisi senza precedenti ha portato l’azienda sull’orlo del commissariamento, generando un potenziale impatto devastante sui lavoratori e sull’indotto che versa in condizioni di disperazione sociale. La situazione economica al collasso, senza liquidità sufficiente e con debiti stimati in 1,4 miliardi di euro e bollette del gas in sospeso, richiede una risposta immediata.
Ai sindacati dei lavoratori ILVA PeaceLink oggi rivolge un appello per l’apertura di un confronto sul futuro di Taranto.
PeaceLink si dichiara disponibile a collaborare con i sindacati per un confronto finalizzato alla riconversione del sito e per ogni altro approfondimento su questa complessa situazione.
Da anni, PeaceLink aveva sollevato l’allarme sulla produzione in perdita e l’insostenibilità del gigantismo dello stabilimento Ilva, non solo dal punto di vista ambientale e sanitario ma anche economico. A Taranto, la salute pubblica è stata minacciata da attività non redditizie e non capaci di garantire l’occupazione sul medio e lungo termine, creando una paradossale situazione.
Un piano B
Va sottolineato che PeaceLink, da dieci anni, ha presentato un piano B dettagliato per una riconversione sostenibile. Piano che è stato ulteriormente arricchito dalle associazioni tarantine nel corposo “Piano Taranto”. Oggi, lanciamo un appello ai sindacati e ai lavoratori per adottare questo piano di riconversione come strategia di emergenza e di prospettiva strategica, offrendo diverse scialuppe di salvataggio ai lavoratori nel caso di un affondamento dell’Ilva. Un impiego dei fondi europei per questi scopi è consentito ed è auspicato dalle norme europee che invece al contempo vietano espressamente aiuti di stato alle aziende, anche a quelle in perdita.
Scialuppe di salvataggio
Queste “scialuppe di salvataggio” per i lavoratori devono basarsi sui finanziamenti europei del Just Transition Fund e sugli obiettivi dell’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Esistono poi specifiche disposizioni per le zone di crisi industriale e vi è una casistica europea di riconversione e salvataggio del lavoro in queste situazioni. Questi punti di riferimento offrono la possibilità di riconvertire le aree inquinanti e di crisi in progetti diversificati e sostenibili, garantendo un futuro migliore per i lavoratori e la comunità. L’obiettivo deve essere quello di salvare i lavoratori dal baratro della crisi con un’alleanza civile e una coesione sociale capace di unire le esigenze del lavoro con quelle della salute e dell’ambiente. La comunità può vincere questa sfida se gli obiettivi dei lavoratori sapranno includere quelli dei cittadini mobilitati da anni per uno sviluppo sostenibile e per la difesa della salute pubblica.
Un fronte comune cittadini-lavoratori
L’appello di PeaceLink è chiaro: affrontare la crisi attuale con una prospettiva di sostenibilità, utilizzando gli strumenti forniti dall’Unione Europea e dall’ONU. Ora è il momento di agire per garantire una transizione giusta e duratura per Taranto e per tutti coloro che dipendono dall’Ilva. Ora è il momento giusto perché ambientalisti, cittadini e lavoratori Ilva si guardino in faccia e dialoghino per scrivere un piano B condiviso, inclusivo e sostenibile.
Impianti sotto sequestro e nuova inchiesta della Procura
Anche perché, è bene ricordarlo tutti e senza infingimenti, gli attuali impianti sono sotto sequestro per ordine della magistratura, che per di più ne ha disposto, con la recente sentenza, la confisca per una persistente e attuale pericolosità, peraltro accentuata sai dati di aumento delle emissioni di benzene che hanno fatto scattare una nuova inchiesta della Procura.
Questa situazione non attira certo gli investitori e accentua il carattere strutturale e irreversibile della crisi che sta decretando la fine delle prospettive produttive dello stabilimento.”
E’ un comunicato di Alessandro Marescotti, Presidente di PeaceLink.