Stamattina, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Taranto e i militari della Guardia Costiera dello stesso capoluogo ionico hanno proceduto alla notifica di 4 ordini di esecuzione per la carcerazione, nei confronti di altrettante persone (poi condotte presso il carcere di Taranto), emessi dall’Ufficio Esecuzioni Penali della Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Taranto, ritenuti colpevoli, a vario titolo, di associazione per delinquere, allo scopo di commettere estorsioni e furti aggravati, in danno di miticoltori del Mar Grande e del Mar Piccolo di Taranto, nonché di minacce aggravate nei confronti di operatori dello stesso settore, con conseguente immissione in commercio, da parte di altri soggetti, di prodotti ittici, in assenza di documentazione sanitaria e fiscale, pertanto potenzialmente nocivi per la salute.
L’associazione costringeva gli imprenditori al pagamento di somme di denaro a cadenza periodica, influenzando in modo determinante un intero settore produttivo-commerciale, particolarmente rilevante per l’economia tarantina.
L’attività investigativa aveva portato alla luce un sistema strutturato, in cui gli associati, con taglieggiamenti estremamente efficaci, consistiti nella minaccia e nell’esecuzione materiale di furti di pergolati di cozze nere, inducevano le vittime a non denunciare, anche quando le indagini avevano consentito di chiarire l’intera vicenda.
Lo stesso sistema è risultato duraturo nel tempo, tant’è che alcuni imprenditori erano stati costretti a versare somme di denaro anche nei periodi invernali, quando non vi è produzione di mitili. Tale sistema di approvvigionamento illecito, parallelo ai circuiti tracciabili, aveva portato conseguentemente all’aumento dei furti ai danni dei miticoltori, per soddisfare la crescente domanda di molluschi a prezzi molto più convenienti, rispetto al normale valore di mercato, tant’è che paradossalmente anche chi effettuava i pagamenti all’organizzazione criminale, non era esente da furti.
Le vittime, quindi, che avrebbero dovuto essere “protette”, venivano poi, di fatto, anch’esse derubate. I mitili sottratti venivano acquistati da commercianti e ristoratori a prezzi stracciati e rivenduti, in totale assenza di certificazione e documentazione sanitaria, di qualità, nonché fiscale. Si ricordi che, mentre il prodotto proveniente dal Mar Grande è commercializzabile senza trattamenti depurativi, quello del secondo Seno del Mar Piccolo necessita di transitare da un centro di “stabulazione” per l’abbattimento della carica batterica.
La lavorazione delle cozze avveniva, inoltre, in luoghi fatiscenti (spesso container dismessi) da parte di persone prive delle necessarie qualifiche.
Le indagini, condotte dagli investigatori dell’Arma e della Guardia Costiera, sotto l’attenta direzione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto, dal maggio del 2014 al febbraio del 2016 e conclusesi in un primo momento con l’operazione denominata “Piovra”, nell’aprile dello stesso anno, proseguivano poi sino all’anno successivo, terminando definitivamente a febbraio, con l’operazione “Piovra 2 Respect”.
Il secondo filone investigativo aveva consentito di appurare come, a seguito della detenzione di alcuni degli autori delle condotte estorsive su citate, vi era stato una sorta di passaggio del testimone, tra i primi arrestati ed alcuni parenti degli stessi, i quali avevano, di fatto, assunto la direzione del sodalizio criminale, avvalendosi della collaborazione di altri loro affini, estendendo l’attività estorsiva non più ai soli mitilicoltori ma anche ai titolari di alcune pescherie della città di Taranto e della provincia.
Per la consegna del “pizzo”, uno degli arrestati, che all’epoca dei fatti era sottoposto ad una misura alternativa alla detenzione, approfittando dei permessi concessigli, a bordo di una piccola barca a motore, avvicinava gli imprenditori, a loro volta su delle imbarcazioni, riscuotendo il denaro.
Nel corso dell’attività investigativa, sono stati poi sequestrati circa un quintale di cozze nere, prive di certificazione sanitaria e fiscale di accompagnamento e 7 kg di datteri di mare. Gli stessi sono considerati una specie protetta. In generale, infatti, per approvvigionarsi di tali mitili, si deve necessariamente distruggerne l’habitat, ricorrendo a martelli pneumatici, picconi o cariche esplosive, provocando l’alterazione dei fondali marini e la distruzione di un intero ecosistema ed in particolare delle scogliere, da considerarsi il vero patrimonio della costa tarantina.
Per quanto riguarda gli arrestati, complessivamente, sono state inflitte pene per un totale di quasi 40 anni, nonché multe per un importo complessivo superiore ai 40000 euro.